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Stagione 22-23

teatro della dodicesima

Favole in musica

ALCHIMIE SONORE

“Favole in Musica” è un progetto che si pone come scopo quello di presentare al pubblico un’ampia gamma di generi musicali che spaziano dal classico al moderno, e, sulla falsa riga di “Pierino e il lupo” di Sergej Prokofiev, di rendere facilmente fruibile ognuno di essi grazie alla presenza di una voce recitante, con la quale la musica dialogherà e si intreccerà.

I testi narrati saranno favole, fiabe o brevi storie prese dai diversi paesi e dalle diverse culture del mondo. La messa in musica è affidata a giovani compositori. “La volpe e la pernice”, “Il macinino che macina in fondo al mare”, “Tikki Tikki Tembo”, “Favole al telefono”, “Aladdin” sono alcune delle storie selezionate.

L’esecuzione sarà affidata al quartetto di flauti “Alchimie Sonore”. Il flauto è uno strumento flessibile, agile e intenso, con origini antiche, ma anche molto utilizzato dai compositori moderni per le sue grandi potenzialità effettistiche. Nel quartetto sono presenti flauti di varie taglie, dal basso all’ottavino.

“Favole in Musica” riporta gli adulti a rivivere le favole per l’infanzia con nuovo interesse e porta i bambini ad apprezzare e comprendere la musica colta; è un progetto universale, per famiglie, scuole e teatri. La favola, come la musica, non invecchia mai.

Flautisti: Francesca Duca, Federico Martino, Alessandro Pace, Davide Stanzione

Voce: Antonio Sapio

 
 

One-man show fatto di ritmi affabulanti, umorismo allucinato, trasformismo, performance sceniche e vocali. Spettacolo per attore solo, parlato a più voci, comico suo malgrado.
La fine del mondo è alle porte, questo almeno è ciò che si sente mormorare alle finestre, nelle strade, alla radio.
Si porta sulla scena un’umanità confusa che non sa dove aggrapparsi, se non alla propria miseria.
I personaggi appaiono come cellule impazzite, sproloquiano, si parlano addosso. 
Un delirio organizzato per mettere alla berlina questa umanità che sbraita sulla vita, sulla morte e su un dio che non risponde.
E’ un’umanità che si crede chissà chi, che si porta dietro l’arroganza e la colpa di voler parlare di un altrove, di un dio che fa scopa con l’inconoscibile, con l’indicibile. E’ la volgarità di voler spiegare qualcosa, quando niente si può spiegare.
La scena è nuda e cruda, a riempire lo spazio i quadri sonori disegnati vocalmente con l’aiuto della loop station che continua ad essere, come nei lavori precedenti, elemento di scrittura scenica e drammaturgia musicale.

BREVE SINOSSI
Il caos è prossimo a venire. Questo è ciò che si auspica l’uomo che, non potendo nulla contro la sua miseria, si fa portavoce e bandiera di popolo e si rivolge al suo dio. Invano. La contemporaneità s’attacca alle facezie e danza claudicante su versi sciolti che narrano di dei pagani e amori sbilenchi che aspettano chissà da quando, per tragici equivoci da commedia degli errori. Così il popolo s’agita e, per trovare un posto nel mondo, prova a darsi un compito da fare – cucinando nel cuore della notte, sproloquiando su ciò che sarà, gridando senza veli la propria dispersione – e si fa timidamente avanti, con tutta l’ingenuità del caso, una riforma strutturale cialtrona, con un programma teocratico tout court, infarcito di estremismo confuso e dozzinale. C’è chi spera nella fine e chi, con malcelato cinismo, la fine dice di averla vissuta già, chissà quante volte.
“E’ la fine di un’Era. E’ la fine di tutto. E’ la fine di niente, se ricomincia tutto”.